Carloforte: sette giorni “zenéizi” in terra sarda

Carloforte è il comune di un’isoletta sarda a ovest di Cagliari, San Pietro.
Carloforte è però un lembo di Liguria in Sardegna: nel 18esimo secolo qui si trasferirono i tabarchini, coloni genovesi in nord Africa, in fuga da una terra che era stata la loro per  due secoli.
Carloforte è anche, più recentemente, la “location” di uno sceneggiato con Gianni Morandi, “L’Isola di Pietro”. 

Vista del lungomare di Carloforte
Il lungomare di Carloforte visto dal traghetto

Carloforte è, soprattutto, un’isola di pace, di gentilezza e di bel vivere… o almeno questo è il ricordo che mi ha lasciato dopo una settimana di permanenza a metà giugno di quest’anno (2019).

Una vacanza in famiglia entro i confini nazionali, dopo la settimana a Granada a febbraio.

Prime vacanze estive, da un po’ di anni a questa parte, al di fuori della Liguria… ma senza allontanarsi dalla cultura ligure.

Il viaggio verso Carloforte

Vista da Capo Sandalo sull'Isola di San Pietro
Vista da Capo Sandalo sull’Isola di San Pietro

Quello che cercavo era un luogo dove passare una settimana in famiglia, insieme ai nonni. Un gruppo di vacanzieri, quindi che andava dalla 13enne più giovane all’84enne un po’ meno giovane. 

Cercavo quindi un luogo che coniugasse mare con passeggiate tranquille in piano. La possibilità di muoversi e girare con quella di stare tranquilli in paese o in spiaggia.

Essendo io d’origine genovese, con padre, suocera, moglie, figlie di Genova… andare in Sardegna e poter sentire parlare “zenéize” era un’idea allettante. Infatti i tabarchini a Tabarca (isola di fronte alla Tunisia) parlavano genovese nel 18° secolo e i tabarchini di San Pietro continuano a parlarlo nel 21°.

Dopo le solite ricerche, arrivo alla prenotazione dell’aereo con Easyjet, comprensivo di servizio di assistenza (gratuito) per persona con scarsa mobilità. Volo da Milano Malpensa a Cagliari. 

Palazzo liberty a Carloforte
Il palazzo con l’alloggio

Più complessa la ricerca di un alloggio che potesse venire incontro alle esigenze anche di chi, nel gruppo, aveva difficoltà a fare le scale e che, più o meno, rientrasse nel budget. Alla fine la scelta è ricaduta su un alloggio davanti alla marina e affianco alla Capitaneria di Porto (che nello sceneggiato di Morandi diventa il commissariato…). Casa di famiglia della nostra padrona di casa, si può trovare sul sito Homeaway (aggiornamento 2020: ora il sito si chiama Vrbo, aggiornato il link) ed è un alloggio al primo piano di una palazzina con facciata liberty.

Per l’auto mi sono affidato a Sardynia Rent: richiedono l’estensione di assicurazione in modo obbligatorio, ma, a parte che l’avrei fatta ugualmente, era l’agenzia dalla quale ho ottenuto, comunque, il miglior preventivo. Autonoleggio con sede, ovviamente, in aeroporto.

Il viaggio è quindi stato un percorso a tappe: da casa a Milano Malpensa con auto parcheggiate al Central Parking, vicinissimo al Terminal 2. Arrivati a Cagliari, ritirata l’auto nuovo viaggio in auto fino a Porto Vesme. Da qui trasbordo con traghetto e in una mezz’oretta di navigazione arrivo a Carloforte.

Carloforte, la cittadina

La cittadina di Carloforte la si attraversa tutta a piedi in una quindicina di minuti da un capo all’altro. Ad un estremo il porto turistico, in mezzo il porto dove arrivano i traghetti. Di fronte al porto il centro con la piazza centrale (la “Ciàssa“). All’altro capo le vecchie saline, oggi un parco naturale dove soggiornano fenicotteri rosa e cavalieri d’Italia. Il paese  si abbarbica sulla collina, attraverso dei veri e propri “caruggi” genovesi. 

la "ciassa" in centro a Carloforte
La Ciàssa di notte

Il nucleo della vita cittadina è la Ciàssa, piazza Repubblica, dove quattro ficus giganti regalano ombra in abbondanza.

Qui la sera (in estate almeno) si ritrovano le famiglie con i bambini, che giocano tranquillamente non diversamente da quanto succedeva nei paesi degli anni ’70. A un centinaio di metri un’altra piazza (piazza Pegli) dove ho visto normalmente ritrovarsi i ragazzi un po’ più grandi.

In Carloforte ci sono bar, pizzerie, ristoranti e ristorantini, gastronomie, negozi di souvenir (di importazione e locali), boutique… un vero e proprio centro vivo, ma al contempo tranquillo.

La conformazione delle strade, strette, fa sì che non vi siano praticamente auto, se non sul lungo mare e su qualche strada interna.

Le coste di San Pietro

Isola di San Pietro: Scogli alti detti "le Colonne"
“Le Colonne” a sud di Carloforte 

Le spiagge sono tante e non le descriverò qui: non mancano i siti che ne parlano.

In linea generale lungo la costa sud si trovano quelle di sabbia.

A nord c’è la punta dove vi erano le vecchie tonnare: è questo un ampio pianoro di roccia con discesa al mare abbastanza semplice.

A nord e a ovest vi sono poi moltissime scogliere a picco sul mare che danno vita a un paesaggio aspro e scenografico. Da alcune di queste scogliere vi sono punti adatti per i tuffi… ovviamente con un po’ di coraggio!

Punto da non perdere è Capo Sandalo, dove vi è anche il faro. Un panorama stupendo che, mi è stato detto (purtroppo non l’ho visto in prima persona), diventa magico al tramonto. È forse uno dei punti più distanti, in termini di tempo, dalla cittadina di Carloforte.

Le strade dell’Isola

Un arco in centro a Carloforte
Stradine in centro a Carloforte

Le strade perimetrali sono le principali. Tutte a una corsia per senso di marcia sono comunque adeguate alle necessità. A giugno, periodo delle mie vacanze, erano poco frequentate e ben tenute.

Per raggiungere, però, alcuni tratti di costa, bisogna utilizzare strade bianche che, in periodo di tempo secco, sono comode, ma non sono certo di quanto siano praticabili durante periodi piovosi.

La presenza di strade sterrate è, quindi, una cosa da tenere in conto quando (e se) si deve affittare l’auto: è stata una delle ragioni che mi ha portato a ritenere l’estensione di assicurazione come necessaria.

Infine, le strade interne sono a volte strette, quindi macchine troppo grosse potrebbero essere scomode.

I musei a Carloforte

L’Isola di San Pietro non è grande, ma ha una storia alle spalle. Una storia di avventura, ma anche di economia.

Bandiera del Genoa in centro a Carloforte
A Carloforte si tifa Genoa

San Pietro è stata, e in effetti lo è ancora, un grande centro della pesca e trattamento del tonno. La storia delle tonnare viene ricordato al museo civico Casa del Duca.

Nel museo viene anche raccontata la storia dei Galanzieri, marinai addetti al trasporto della galena, minerale che veniva estratto nella zona dell’Iglesiente.

L’altro museo da vedere è sulla storia di San Pietro e di Carloforte alla Torre di San Vittorio. Allestito con postazioni multimediali e video teatralizzati che raccontano la colonizzazione dell’isola, è stato realizzato in collaborazione con il Museo del Mare di Genova.

In entrambi i musei ho trovato guide attente e preparate.

Ristoranti, pizzerie, gastronomie…

Come spesso faccio durante le mie vacanze, non sono andato a mangiare fuori spesso. Anzi in questa occasione solo una volta.

Questo non vuol dire che non ci siamo concessi cibo locale, anzi.

Vicino a casa c’era la gastronomia Mamma Mahon (che prende il nome da mamma Mahon, una carlofortina a Minorca durante la seconda Guerra mondiale). Piatti semplici, della tradizione, buoni e con prezzi accessibili.

Dalla parte opposta della città una pescheria, ristorante, gastronomia è stata la meta sia della cena fuori casa, sia di alcune puntate per acquistare cibo pronto. Si tratta di Sandalo. Qui il pesce la fa da padrone e parlare con il pescivendolo, proprietario, è un viaggio tra ricordi e spiegazioni ittiche.

ravioli ripieni di tonno
Ravioli al tonno di Luxoro

Anche in questo caso ricette fresche, con un buon rapporto qualità prezzo e con gusto assicurato. Consiglio l’insalata con tunnina, tonno essiccato sotto sale: fresca e ottima.

Imperdibile per la pasta fresca e per i Canestrelli di Carloforte (sorta di ciambelline di pastafrolla aromatizzata e glassata) il pastificio Luxoro in via XX settembre. In questo caso, se sono in carta, da provare assolutamente i ravioli ripieni di tonno.

Due le pizzerie dalle quali mi sono servito: sul lungomare la Partenope e nel centro Pizzalandia.

Tra le ricette carlofortine da provare il “cascà” un cous cous con ceci e verdure, il pasticcio di Carloforte (paste miste, troffie, orecchiette e altro, e sugo di pesto e tonno), la già citata tunnina, e la facussa, una sorta di cetriolo molto lungo da mangiare in insalata.

Da genovese è il pesto in sé che mi ha lasciato un po’ interdetto: più un battuto di basilico che un vero pesto genovese… ma in effetti siamo a Carloforte, non a Genova!

La lingua tabarchina

Carloforte è stata fondata nel 1738 dai transfughi della colonia di Tabarca formata da pescatori di corallo originari di Pegli, ovvero un paese marinaro alle porte di Genova (in realtà al giorno d’oggi un quartiere di Genova).

Nei due secoli di vita africana (il primo insediamento genovese è del 1540) non hanno mai abbandonato le tradizioni e la lingue ligure e queste le hanno portate pari pari in terra sarda.

Pannello turistico scritto in genovese e in italiano
Pannello turistico scritto in genovese
(immagine ingrandibile)

Non solo qui si parla genovese, ma lo si scrive e lo si studia a scuola.

La guida del museo di Torre San Vittorio mi raccontava che quando Fabrizio de Andrè decise di cantare e scrivere canzoni in genovese (Crêuza de mä), venne proprio a Carloforte per imparare le regole di scrittura della lingua.

Ma la cosa più divertente è sentire parlare i Carlofortini. Senza soluzione di continuità passano da parole sarde a quelle italiane a quelle genovesi. Addirittura spesso quando parlano in italiano hanno un forte accento sardo, che sparisce completamente con il passaggio al dialetto ligure.

Mio padre, genovese doc, ha fatto caso a due differenze tra il modo di parlare “continentale” e quello tabarchino.

La prima è la sparizione quasi completa della parola “belìn” dal parlato comune, quando, invece, a Genova è un intercalare usuale e che ha praticamente perso la sua valenza originaria (organo sessuale maschile).

L’altra cosa che ha notato è che per riferirsi a “Dio”, anche e soprattutto nelle lapidi, si dice “Dîo”, termine il cui uso, in genovese, è abbastanza inusuale, se non in alcune imprecazioni. Per riferirsi all’essere supremo si utilizza, normalmente, “Segnô”, Signore.

Marco Campagnolo
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