Scrivere una intervista… parte due

Questo post su come “scrivere una intervista” è una seconda puntata. La prima è “Scrivere una intervista… parte uno“… ovviamente.

In questo articolo spiego le dieci regole per scrivere una intervista, elenco con il quale avevo terminato il precedente post.

Ho scritto questo post e il precedente in modo che possano vivere di vita autonoma, anche se, per una visione più completa dell’argomento, suggerisco di leggerli entrambi.
intervista: prendere appunti

Una intervista non si “sbobina”

Chi deve scrivere una intervista non deve fare un resoconto stenografico di quanto è stato detto.

Anche quando il materiale di base è ricavato da un colloquio (come succede per una intervista) quello che si deve scrivere è un articolo, che rimane sempre tale e deve seguire le logiche di un articolo.

Occorre quindi avere il coraggio di rielaborare quanto è stato detto, di sistematizzarlo e, cosa forse ancora più importante, di togliere quanto si ritiene non utile.

Intercalari? In una intervista? Scherziamo?!

rappresentazione stilizzata di una intervistaGli intercalari sono comuni in situazioni di comunicazione orale, ma, ovviamente, non serve riportarli quando si scrive l’intervista.

Se la cosa è ovvia per i «mmhhmmh…», «perooooò…», «cioè, fammelo dire meglio…» o (capita anche questo) «il concetto lo hai capito, mettilo tu in maniera chiara..», la regola vale anche per quelle parole e frasi che accompagnano il discorso o il cambiamento di argomento.

Alcuni esempi:

  • “Tornando a parlare di…”: basta unificare il pensiero in un unico punto (come diremo non è necessario seguire l’ordine cronologico dei concetti espressi)
  • “Cambiando argomento…”: semplicemente cambialo! Basta inserire una specifica domanda o, ancora più semplicemente, un punto fermo.
  • “Vorrei aggiungere…”. Anche qui, semplicemente basta scrivere.

Naturalmente questi intercalari potrebbero essere utili se il materiale fosse poco e occorresse “allungare il brodo“.

Trasformiamo gli incisi in frasi

Se gli incisi sono fastidiosi all’interno di un discorso orale, ancora peggio funzionano in una comunicazione scritta: tutto ciò che allontana soggetto, verbo e oggetto e rende lunga e tortuosa una frase va rivisto (sull’argomento rimando a “Leggibilità e punteggiatura: correggo il Manzoni!“).

La soluzione è semplice: basta trasformare l’inciso in una frase indipendente.

La grammatica, per favore… la grammatica!

foglio con correzioni: mai in una intervista!Parlando, soprattutto parlando a braccio, errori capitano: alzi la mano a chi non è mai successo di sbagliare un congiuntivo e, magari, nella foga del discorso nemmeno rendersene conto.

Quindi, trasformando la comunicazione orale in comunicazione scritta, evitiamo di inciampare su congiuntivi, anacoluti, consecutio temporum varia, termini che non concordano e così via.

Sempre che… sempre che non sia nostro scopo far fare una figura peregrina all’intervistato. In questo caso, però, è necessario non avere semplicemente degli appunti scritti, ma una registrazione che dimostri la realtà di quanto trascritto.

Stringere, stringere stringere!

Frasi lunghe, concetti espressi in maniera arzigogolata o prolissa, vanno riscritti, semplificati e riassunti.

È raro, infatti, che, parlando, i concetti vengano espressi in maniera sintetica. Compito del giornalista, quindi, è far si che una idea espressa con una serie lunghissima di parole, venga riportata nel testo con un numero consono.

Una attività, questa, analoga al sintetizzare un testo (vedi anche “Sintetizzare un testo o aumentare un testo“).

Inserire citazioni letterali di quanto detto

Fino a questo punto ho evidenziato come, nello scrivere una intervista, non sia necessario riportare parola per parola. È buona pratica, però, individuare, durante la chiacchierata con l’intervistato, alcune frasi, alcuni concetti espressi bene, che possono essere interessanti per il lettore e riportarli tali e quali (con le eventuali, dovute, correzioni lessicali e grammaticali).

In tal modo l’intervistato, nel leggere il testo finale, ritroverà sé stesso, così come ritroveranno il suo stile i lettori.

Introduzioni e conclusioni… di solito non servono

intervista al vampiro in rosaUna intervista è pur sempre un articolo e non va appesantita con introduzioni inutili, barocchismi che ogni tanto si incontrano, soprattutto in blogger autodidatti: “era una bella giornata”, “mi ha salutato”, “mi ha fatto accomodare su un divano”…

Introduzioni simili non hanno utilità, a meno che non servano per definire uno stato d’animo necessario a capire l’intervista.

Se la poltrona su cui mi siedo è blu o rossa o verde è una informazione, mediamente, inutile per il racconto. Se però sto intervistando un lugubre vampiro, mettere come contorno che l’ufficio è tutto in toni pastello può essere utile… può addirittura essere l’incipit, la prima domanda…

Similmente le conclusioni sono tendenzialmente inutili. Il modo migliore per terminare una intervista è con un’ultima dichiarazione dell’intervistato

Non serve cronologia, ma logica

L’intervistatore non è ne’ un cronachista, né un estensore di un verbale. Nello scrivere una intervista non serve seguire un ordine cronologico di come sono stati esposti gli argomenti.

Può capitare che l’ultima cosa detta sia in realtà la più importante (la “notizia”) e, allora, perché mai un giornalista dovrebbe relegarla in fondo, in un punto in cui, quando vi arriva, il lettore può non esser più completamente concentrato?

Inoltre, nel parlare, può capitare che i concetti vengano espressi in maniera non lineare o non sequenziale e uno stesso concetto può essere ripreso e ampliato in più momenti. Questo non è, però, ammissibile all’interno di un articolo.

Per scrivere bene una intervista, quindi, può essere necessario far opera di ricucitura dei vari pezzi di un ragionamento espressi in punti diversi del discorso.

Il target e il linguaggio

Già in un precedente post (“Le 5W+H del comunicato stampa“) avevo evidenziato come il linguaggio, lo stile e la terminologia di un articolo vadano calati sulla tipologia di target. Questa regola vale anche per scrivere una intervista.

stile, storia e lessico adeguati per raggiungere target intervistaSe intervisto un premio nobel per la fisica per un giornale generalistico, dovrò capire quanto mi dice l’intervistato, che probabilmente userà anche termini tecnico-scientifici, ma dovrò, poi, “tradurre” il tutto in modo che sia comprensibile anche ai non addetti ai lavori.

La difficoltà è che questa “traduzione” non deve mai trasformarsi in una “banalizzazione“.

Una intervista è, comunque, una storia

Infine occorre ricordarsi che, come per qualunque testo, anche per scrivere una intervista occorre individuare una storia, un tema, un fil rouge, che attraversi le varie domande (vedi anche il post “Scrivere è raccontare una storia“).

Avere una “storia“, sia chiaro, non vuol dire che l’articolo deve girare attorno a un unico argomento. In fin dei conti spesso e volentieri una intervista è l’occasione per trattare più argomenti con un personaggio pubblico.

Con “storia” intendo il tema centrale che cattura l’attenzione del lettore. Può essere introdotto immediatamente e poi lasciato scivolare in secondo piano, dando spazio a “sotto trame”, oppure può arrivare pian piano ed essere il “fuoco d’artificio” finale.

Quindi, chi scrive deve avere presente quale sia la “notizia” nell’articolo e riuscire a trasmetterla ai lettori.

Marco Campagnolo
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